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18 maggio 2020
Oggi parliamo del secondo step della comunicazione empatica, che ricordo essere il modello di comunicazione più vicino alla natura dell'essere umano, basata sulla soddisfazione dei bisogni di tutte le persone coinvolte nella relazione e che rappresenta la base per comunicare efficacemente.
Tutti gli esseri umani sono motivati dai propri bisogni, per questo la comunicazione che tiene conto dei bisogni di tutti gli interlocutori è una comunicazione vincente!
Il bisogno ci parla attraverso l’emozione che si crea quando accade qualcosa, se riusciamo a leggere ciò che accade con oggettività (step #1) possiamo accogliere l’emozione.
— Daniel Goleman
Spesso guardiamo alle emozioni come al nemico, ma secondo me rappresentano le nostre migliori alleate, per quanto tragiche siano o possano sembrare, in quanto sono il “linguaggio” scelto dai nostri bisogni e valori per comunicare con noi.
Le emozioni non devono essere ignorate ma accolte e decifrate, in quanto spesso facciamo riferimento alle “grandi” emozioni e invece per comprendere cosa stiamo provando, a quali bisogno corrisponde dobbiamo non fermarsi a “Sono triste” ma andare in profondità e chiederci “Quando dico che mi sento triste come mi sento?”
Nel libro “Le parole sono finestre oppure muri”, Rosemberg ha scritto un vocabolario delle emozioni, l’ho trascritto per te e se lo vuoi ti è sufficiente cliccare qui e lo riceverai nella tua casella di posta elettronica, ti aiuterà a decifrare le emozioni tue e degli altri.
Grazie al vocabolario potrei scoprire che il mio essere triste corrisponde a: sentirmi impaurito per quello che ho appena sentito (collegato ad un bisogno di sicurezza).
Siamo stati educati che quello che conta “il modo giusto di pensare” e non a contattare quello che proviamo, ci viene insegnato ad “essere orientati verso gli altri” anziché ad essere in contatto con noi stessi. Impariamo a rifugiarci nella ns testa chiedendoci “cosa gli altri pensano che sia giusto che dica e faccia?”.
Dobbiamo tornare a connetterci con noi stessi e per fare questo prestare attenzione alle nostre emozioni anche a livello fisico, dobbiamo ascoltarci, se abbiamo perso l’abitudine, inizialmente potrà sembrare difficile, non mollare perché man mano che comprendiamo le emozioni iniziamo a conoscerci in quanto sono legate al nostro istinto, che spesso ci troviamo a reprimere in quanto passiamo dall’emozione all’azione, ma se ci prendiamo cura dell’emozione e la leghiamo ad un bisogno e di conseguenza ad un’azione che porta alla soddisfazione del bisogno, scopriamo che le emozioni sono creative, non sono pericolose!
La comunicazione empatica ci aiuta ad essere centrati, assertivi, responsabili del nostro comportamento e ci aiuta a mettere confini, attenzione a non farci travolgere dal nostro interlocutore, se lo èermettiamo non siamo troppo empatici, semplicemente non siamo in contatto con le nostre emozioni e i nostri bisogni e non sappiamo trovare una strategia condivisa.
E ora arriviamo ai nostri ragazzi, ci rendiamo conto che molti di noi non riescono a comprendere l’emozione che stanno provando, ma pretendiamo che lo faccia un bambino, e soprattutto un adolescente che, per il momento di grande cambiamento che sta vivendo e un susseguirsi di emozioni. Gli adolescenti sono invasi guidati da emozioni che non sanno gestire.
E poi ci meravigliamo se un attimo sono su il successivo giù? Signori è il minimo che può accadere, tocca a noi imparare a decifrare le emozioni nostre e loro.
Aiutiamo i nostri bambini e ragazzi a non temere le emozioni ma a saperle contattare e ora via con le strategie pratiche.
Ai genitori ed allenatori di bimbi piccoli, aiutiamoli fin da piccoli a contattare quello che sentono e a non reprimere le emozioni, non diciamo mai:
“Non piangere non sei mica una femminuccia!”
“I bambini grandi/forti non piangono”
“Non sei mica un maschiaccio”
Ci troviamo normalmente davanti a 3 casi:
STEP #1 ascolto oggettivamente, non giudico
STEP #2 sento che quello che mi sta dicendo mi procura qualcosa, prendo contatto con la mia emozione: “Questa cosa che mi sta dicendo come mi fa sentire?” approfondisco, scomponendo l’emozione in emozioni più piccole.
STEP #1 ascolto oggettivamente, non giudico, né torto, né ragione, non sono arbitro o giudice, ma facilitatori di un processo, posso fare domande di approfondimento per capire meglio!
STEP #2 osservo la reazione e ipotizzo l’emozione che sta dietro: “Mi sembra di intuire che sei un pò arrabbiato…” (muoversi in punta di piede, mai diretto “arrabbiato eh?”) appena possibile approfondisci, aiutando a scomporre in emozioni più dettagliate: “ Possibile che ti senta deluso, non accolto perché ti aspettavi che…?”
STEP #1: racconto un fatto in maniera oggettiva senza caricare di giudizi, prendendomi la responsabilità del racconto
STEP #2 osservo la reazione e se noto un cambiamento nel mio interlocutore ipotizzo l’emozione che sta dietro: “Mi sembra di intuire che quello che ho appena detto ti ha disturbato…” attendo la risposta! Ripenso a cosa potrebbe aver dato fastidio e ipotizzo: “Possibile che ti abbia dato fastidio quando ho detto che…” (citare la frase ipotetica)
Molte persone fanno resistenza ad ammettere i sentimenti soprattutto quelli legati a paure che potrebbero rendere vulnerabile agli occhi degli altri, mentre quando si ha il coraggio di ammettere le proprie difficoltà, paure e vulnerabilità riscuotiamo un grande apprezzamente tra le persone, sicuramente (aggiungo io) vincente verso i nostri figli, atleti
A questo punto ti lascio con il programma delle prossime puntate con la Comunicazione Empatica:
lunedì 25 maggio: step #3 Come comprendere i bisogni
lunedì 1 giugno: step #4 Come scegliere consapevolmente
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensi di questo articolo e ti invito a farmelo sapere scrivendo una mail a: Veronica@genitoreduepuntozero.com
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— Tahereh Mafi
A te la scelta...
A presto…
Un abbraccio dalla “tua” Coach!
Veronica